Il coaching si è largamente diffuso in Italia dalla pandemia, ma in altri paesi era una professione già nota da tempo.
Il coaching nasce negli anni '70 negli Stati Uniti dall'intuizione geniale del maestro di tennis Timothy Gallwey.
Gallwey aveva infatti capito che l'avversario che si nasconde nella propria testa è molto più forte di quello che si trova dall'altra parte della rete. Ha dimostrato infatti che sospendendo il vocio del giudice interiore, avendo obiettivi ben formati e orientandosi sul "fare", l'atleta era in grado di perfezionare il proprio gioco con successo.
In pratica, riducendo al minimo le interferenze interno, l'atleta è in grado di sviluppare fiducia nelle sue capacità e di apprendere in modo naturale e senza sforzo, come spiegato nel suo libro Il gioco interiore nel tennis, pietra miliare di questo metodo.
Lo strumento principale erano le domande aperte che poneva ai suoi atleti prendendo spunto da Socrate, filosofia greco del V secolo a.C. che viene ricordato per la maieutica, ovvero l'arte di porre l'allievo, mediante il dialogo, nella condizione di acquisire progressiva consapevolezza della verità dentro di lui.
Negli anni '80 John Whtimore, ex pilota automobilistico, conosciuto poi come il padre del coaching, ispirato dalle intuizioni di Gallwey, elabora un metodo nell'ottica di migliorare le prestazioni, il processo di apprendimento e il grado di gratifica all'interno delle aziende.
Insomma, una storia lunga e importante, nonostante per noi in Italia, sia ancora agli albori!
Michelle
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